Intervista esclusiva a Irene Incarico Ed Elisa Podestà

Autrici di "Notturno Digitale".

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  1. MournfulCreatureOfTheDark
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    Abbiamo oggi l’onore di intervistare Irene Incarico ed Elisa Podestà, autrici di “Notturno Digitale”; come prima cosa, vi ringrazio per la vostra disponibilità. Per iniziare vorreste presentarvi ai nostri utenti ed introdurre il vostro libro?

    Irene Incarico & Elisa Podestà: per prima cosa, vorremmo ringraziare Damned Soul per l’attenzione rivolta al nostro libro e Lily in particolare per questa intervista. Per definirci in due parole: io (Irene) sono il 50% cyberpunk di Notturno digitale e io (Elisa) sono il 50% gotico, noir e “vampiresco” . Il nostro libro, infatti, è un lavoro che unisce fantascienza, horror e noir ed è stato interamente scritto a quattro mani.

    - Per quale motivo definite il vostro romanzo “cybergoth”?

    Irene: se cercate la parola cybergoth su Wikipedia, oltre all’origine del termine (tratto da un gioco della Games Workshop) e a svariati dettagli su parties, sound elettronico, abbigliamento e hairstyling, troverete una definizione basata sulla mescolanza di cultura cyberpunk ed elementi classici del gothic. Per un romanzo ambientato nelle notti di una città in rovina, che vede protagonisti una dj cyborg e un vampiro quasi millenario… direi che non avremmo potuto trovare un’etichetta più adatta!

    - Valerio Evangelisti, scrittore, ha curato per voi la quarta di copertina, ed ha affermato: Sono numerosi i giri di frase sfioranti la perfezione, le descrizioni sintetiche e azzeccate. Azzeccate proprio in quanto sintetiche, dando quindi un giudizio positivo del vostro libro; voi quale pensate sia il punto di forza di questo romanzo?

    Irene & Elisa: Secondo noi, i punti di forza sono diversi. Intanto, il coraggio di giocare a carte scoperte. Notturno digitale, infatti, non camuffa la doppiezza delle sue fonti, degli stili, dell’attitudine delle autrici. In secondo luogo, il non nascondersi dietro il paravento del gioco postmoderno, pur essendo de facto qualcosa di postmoderno (e non a caso l’editrice si chiama Cut-Up!). Infine, l’utilizzo di generi diversi, senza però cadere nell’ostentazione. All’interno di Notturno si trova di tutto: da una società risorta dalle ceneri di un disastro ambientale al castello medievale arroccato sulle colline, dalla cyborg senza memoria al vampiro romantico e maledetto… il tutto condito con una buona dose di azione, intrighi politici, flashback, patti segreti, profezie e anche un pizzico di love story. E per finire, la possibilità di essere letto a vari livelli, come una semplice serie di avventure, come una metafora delle dinamiche sociali o come una critica politica. E poi, in un’epoca che vede i vampiri cucinati in tutte le salse e il cyberpunk considerato come un dinosauro dato per morto secoli fa, credo che ci voglia fegato – o sconsideratezza – a pubblicare una cosa simile.

    - Cos’ha significato per voi l’interessarsi di Evangelisti e di Luca Crovi al vostro progetto?

    Irene: Per anticipare uno dei temi del romanzo, risponderò con una metafora musicale. Ricevere l’attenzione di personaggi di questo calibro è come comporre in casa, col proprio pc, una track ballabile… e poi ritrovarsi ad ascoltarla sparata a tutto volume in una mega-discoteca, suonata da un dj di fama internazionale. Insomma, fa un certo effetto.

    - Il vostro libro s’intitola “Notturno Digitale”: perché avete scelto questo titolo?

    Elisa: Abbiamo voluto dare un titolo che rievocasse le atmosfere del romanzo. L’aggettivo notturno è riferito a quanto di gotico, decadente e nostalgico si trova nel libro – e che si rispecchia nel personaggio di Altair – ma può anche essere letto come sostantivo, in omaggio ai “Notturni” di Chopin, che ricordano atmosfere ottocentesche. L’aggettivo digitale è collegato al versante fantascientifico del libro. Con chiaro riferimento al progresso tecnologico e scientifico della società descritta nel romanzo.

    - Da dove è nato questo romanzo, da quale idea?

    Elisa: Io ho sempre fantasticato sull’idea di scrivere un libro e ho ipotizzato decine di personaggi, trame, ambientazioni… ma tutto rimaneva chiuso nella testa, senza una struttura organica. Le idee fluivano da me a Irene e viceversa senza mai prendere corpo. Una sera di fine autunno di qualche anno fa però, di ritorno da un locale, sotto un diluvio che allagava le strade buie, una pioggia insistente che batteva sui finestrini e una vecchia cassetta dei Metallica che girava nell’autoradio, abbiamo deciso di scrivere. Non si poteva chiedere un’atmosfera migliore… siamo rimaste fino a notte fonda a parlarci addosso, partorendo idee folli e ipotizzando trame e personaggi. In quel momento, quasi per magia, le nostre idee trovavano per la prima volta una forma, i nostri personaggi venivano alla luce e ogni elemento andava al proprio posto, come i tasselli di un unico puzzle.

    - Come descrivereste il futuro da voi creato?

    Irene: In due parole, direi ‘tragicamente imminente’. L’ambientazione che descriviamo è archetipica del genere… ma non si discosta – ahimé – così tanto da certe realtà attuali. Nella città straniera in cui vivo (Liège, Belgio) esistono quartieri che sembrano proprio saltati fuori da Notturno Digitale. Al posto dei reduci delle sperimentazioni, ci sono gli chômeurs, quelli che vivono col sussidio di disoccupazione… gente miracolata e ostracizzata dallo stesso sistema statale. Al posto della famigerata Avansert, ci sono i colossi semismantellati delle acciaierie, veri mostri di metallo, incombenti sulla decadenza urbana. Insomma, manca solo il vampiro! E se non vogliamo uscire dall’Italia, basta guardare il telegiornale: di politici fuori di testa, disastri ambientali (e l’area spezzina ne sa qualcosa!), crisi finanziarie, disparità sociali che sfociano in rivolte e sperimentazioni senza scrupoli è – purtroppo – già pieno il mondo.

    - Perché avete scelto quest’ambientazione? E come mai avete optato per uno scenario grigio, tetro, come le “strade buie bagnate dalla pioggia”?

    Elisa & Irene: Come già detto, in primo luogo perché è cliché. Sia per quanto riguarda il cyberpunk sia riguardo alla letteratura gotica. William Gibson, dopotutto, ci insegna che il cielo sopra il porto è grigio. E poi perché, semplicemente, certe atmosfere, con il loro senso di oppressione e di tragedia imminente, si sposano bene con questo tipo di panorama. Il futuro distopico descritto negli scenari di pellicole come Blade runner, Escape from New York non è forse buio, piovoso e ostile come le ambientazioni di Dracula di Coppola, Intervista col vampiro e Underworld? E poi, visto che uno dei protagonisti è un vampiro… come potevamo ambientarlo durante il giorno?

    - Perché avete scelto la Liguria come ambientazione? E come mai avete optato per una piccola città?

    Elisa: E' una scelta che ha una duplice motivazione. La prima dipende da ovvie ragioni pratiche, noi siamo liguri ed originarie di La Spezia, quindi conosciamo la città molto bene. Questo ci evitava di imbatterci in grossolani errori descrittivi. La seconda ragione deriva dalla mia visione della città. Penso che sia un luogo malinconico, con un’anima incompleta, in bilico tra arresto industriale e passato poetico. C’è del romantico e del decadente in un posto del genere, che si divide tra le memorie artistiche di Byron, Shelley e altri poeti e lo shock estetico della sua periferia e del porto. Lo stesso centro storico in larga parte demolito per fare spazio a progetti militari, mai veramente portati a termine, e le coste distrutte per lasciare spazio a terminal marittimi che non hanno mai raggiunto l’eccellenza, sono simboli di questa contraddizione. Nel nostro romanzo la città è divisa in due parti in aperto conflitto, un’immagine che porta all’estremo una spaccatura che per noi è già visibile e presente.

    - Com’è strutturata la città moderna?

    Elisa: Come accennavo prima, è una città con contrasti sociali estremi. C’è un enorme divario tra i ricchi e i poveri, tra i quartieri puliti e tranquilli della Crux e il degrado e disordine assoluti della Roundwaste. Una “barriera”, fisica e sociale separa la parte “pensante” dei dissidenti, emarginati nei quartieri ghetto, e gli unpersons della Crux… ricchi sì, ma praticamente annullati, ridotti a cittadini/consumatori a-critici e senza scelta. La città descritta in Notturno digitale non solo è vittima di una totale decadenza politico-economico-ambientale, ma è una vera propria società della rovina.

    - Perché vi risuonano musiche del passato?

    Irene: Ahimè, credo che ciò dipenda da un ‘fraintendimento’ contenuto nel comunicato stampa che circola in rete. Non abbiamo descritto le canzoni che si ascoltano nel mondo di Notturno, abbiamo deciso di lasciare al lettore la piena immaginazione. Le musiche ‘del passato’ sono in realtà citazioni inserite all’inizio di ogni capitolo, al di fuori della narrazione. Una specie di playlist che accompagna le vicende. L’unico elemento musicale che compare nel corpo del testo è un vago riferimento al brano Satisfatcion di Benny Benassi, scelto per la voce robotica e ossessiva e per lo stile DIY del sound.

    - Com’è possibile la convivenza tra cyborg, vampiri ed umani?

    Irene: E' possibile – o impossibile – quanto una reale convivenza tra umani. O almeno non più difficile della convivenza tra immigrati e integrati, borghesi e outsider, poveri e ricchi, e via dicendo. Cyborg e vampiri, dopotutto, sono rappresentazioni del diverso, che può essere sì un freak spaventoso, ma anche, semplicemente, una persona con un vissuto o una scelta di vita diversa dalla nostra.

    - Vega è una ragazza cyborg posta a capo di una banda di “scalcinati eroi”: come si è sviluppato questo personaggio?

    Irene: Detta in questi termini, sembra un’eroina, o roba simile. Nulla di più lontano dalla realtà del romanzo. Gli “scalcinati eroi” in mezzo ai quali si ritrova sono solo un gruppo di persone finite – per caso – dentro una faccenda più grossa di loro. Vega è una figura insofferente, rancorosa, piena di paranoie e idiosincrasie, con una vita sessuale non lineare e una discreta difficoltà a relazionarsi con la gente. Creandola, volevamo – ancora una volta – sfruttare un classico del cyberpunk, ma senza creare l’ennesima, impeccabile, Giovanna D’Arco dei circuiti stampati. Volevamo che fosse – per dirla con i Daft Punk – umana, dopo tutto.

    - Avete tratto ispirazione da qualche film o libro per crearla?

    Irene: Più che trarre ispirazione, abbiamo dovuto confrontarci con esempi precedenti illustri e ingombranti. Il rischio di riproporre un clone di Molly di Neuromante o di Motoko Kusanagi di Ghost in the shell, solo per dirne due, era molto grosso. Se proprio devo svelare una delle nostre ‘fonti’, direi che ci sono i personaggi femminili di Patricia Cadigan.

    - Data la presenza di Vega, si presume che il mondo futuro sia basato sulla tecnologia; quindi, quale tipo di tecnologia esiste nel mondo futuristico da voi creato e quant’è avanzata?

    Irene: La tecnologia, pur essendo uno dei cardini di Notturno digitale, non è eccessivamente più avanzata di oggi. Ha un valore più simbolico che realistico. Ci sono moto futuristiche, armi innovative e computer olografici. Ma non andiamo molto più in là. Vega, scampata alla morte grazie alla biomeccanica, è un esemplare raro. Al contrario, abbiamo insistito sui motori di ricerca filtrati, sul recupero e il riuso dell’e-waste e sui sistemi attuati dai quartieri poveri per accedere ai servizi minimi di energia elettrica, telefonia, rete informatica. La tecnologia, in Notturno digitale, ha più importanza nelle sue assenze che nelle sue manifestazioni.

    - Vega comanda una banda, ma chi sono gli eroi di cui si parla?

    Irene: Eroi? Al massimo antieroi. Se così si può definire un settantenne malato di Alzheimer con la mania dell’archivista, un suo coetaneo alcolizzato ossessionato dalla guerra, un contrabbandiere un po’ vigliacco e un hacker che ha un passato da ricercatore per i cattivi. L’unico vero eroe del romanzo, se mi passate il termine, è un personaggio che non compare mai, di cui si leggono alcune pagine slegate di un diario... e non sta nemmeno dalla parte dei ‘buoni’. Ma non possiamo raccontarvi tutto, no?

    - Cosa li ha portati a diventare “uomini dalle […] identità cancellate dalla carta e dalla rete informatica”?

    Irene: Per qualcuno è stata la guerra, per qualcuno una scelta di vita alternativa, per altri è il risultato di un piano più grande. In generale, Notturno digitale ha una struttura manichea, volutamente e ingenuamente manichea, e il passaggio da una parte all’altra della barriera tra buoni e cattivi (o ricchi e poveri, o corrotti e onesti, e così via…) comporta inevitabilmente la perdita della propria precedente identità.

    - Questo fatto ricorda il termine “unperson” coniato da George Orwell, che identificava le persone la cui esistenza, in “1984”, veniva cancellata; vi siete ispirate al libro?

    Irene: Ci sarebbero decine e decine di esempi da citare sul tema dell’individuo cancellato, in senso metaforico, legale o sociale. Orwell è un nome in cui è difficile non incappare, quando si tirano in ballo certi temi. Ma se devo pescare tra i classici, citerei piuttosto Ray Bradbury. C’è una sorta di memoria storica, in Notturno digitale, che può facilmente far venire in mente Farenheit 451.

    - Avete preso spunto da dei libri, o da dei film, distopici?

    Irene & Elisa: La prefazione di Luca Crovi elenca un’ottima e lusinghiera selezione di titoli e registi cui Notturno può far pensare. E c’è anche una citazione chiara e diretta di un film, nel testo… anche se si tratta più di una strizzata d’occhio ai nostri coetanei trentenni che di una vera e propria fonte…

    - Ma com’è possibile nascondersi in un mondo dalla tecnologia avanzata?

    Irene: La tecnologia del mondo descritto… e in fin dei conti anche quella del nostro, sono appannaggio di una certa fetta di popolazione. E uscire dallo status sociale detentore di questa tecnologia implica automaticamente l’invisibilità. Più avanzato è il progresso, più invisibile è chi ne vive al di fuori. E non è difficile nascondersi, quando si è invisibili.

    - Passiamo al vampiro: chi è e che ruolo ha?

    Elisa: Il vampiro, Altair, è uno dei due protagonisti del libro. Per crearlo, mi sono ispirata ai romanzi di Anne Rice perché avevo in mente un vampiro che si distaccasse dall’immagine edulcorata ed “umanizzata” tipica dei “non morti” descritti negli ultimissimi anni. Altair ha le caratteristiche meno apprezzabili degli esseri umani: è cinico, disilluso, politicamente scorretto, non cerca il consenso altrui. Rappresenta la parte più “animalesca”, istintiva e antica dell’uomo. Il suo ruolo, oltre a quello di essere un personaggio chiave nello svolgimento dell’intreccio narrativo, è quello di narratore e conservatore della storia. I suoi pensieri sono spesso dei moniti al lettore per non dimenticare il passato, inviti a prestare attenzione per non commettere i soliti errori, a non dimenticare mai le proprie radici.

    - Perché un vampiro dovrebbe aiutare degli umani e dei cyborg?

    Elisa: In principio Altair aiuta Vega e compagnia per un puro interesse personale. È totalmente disinteressato alle idee e alle necessità degli abitanti della Roundwaste, la periferia povera e distrutta. La sola cosa che conta per lui è opporsi a Deneb, capo della Città, nonché suo “padrone”. Ecco perché decide di allearsi con la resistenza e aiutare Vega e Moldow. Ma si sa, le cose non vanno mai come si erano prefissate…

    - Il vampiro lotta contro un patto millenario, ma per quale motivo?

    Elisa: Il vampiro è stato costretto a stringere un patto di sangue con Deneb – non entro in dettagli che andrebbero a svelare parti salienti della trama – e ciò lo ha reso suo schiavo. Questo patto è per lui quasi una sorta di contrappasso: gli esseri umani sono sempre stati le sue prede e adesso uno di loro ha potere su di lui. Proprio per questo per Altair è tanto amara e insopportabile l’idea di essere soggiogato al volere di un uomo… malvagio, potente, ma pur sempre un uomo. Vive questo patto come una condanna, una pena da scontare per la sua natura demoniaca.

    - Esistono altri vampiri oltre a lui?

    Elisa: Sì, ce ne sono. Ma non vengono menzionati in Notturno digitale. Se ci sarà un seguito, state certi che si vedranno altri esseri immortali nelle strade fumose della Roundwaste!

    - Quali sono le sue caratteristiche?

    Elisa: Altair non è un super eroe… nel senso che non ha poteri da super eroe… E’ molto più forte, agile e veloce delle altre persone, riesce a vedere perfettamente nel buio e sa leggere nella mente altrui. Caratteristiche già sentite e molto inflazionate, soprattutto nei vampiri degli ultimi anni. Quello che rende particolare questo personaggio non sono i suoi “poteri” ma i suoi atteggiamenti. Il modo in cui si comporta con gli altri personaggi, la sua freddezza, il suo menefreghismo, il suo nero sarcasmo che cela un abisso di solitudine e la paura di lasciarsi andare ai sentimenti umani.

    - Vi siete ispirate a qualche vampiro già esistente per creare il vostro?

    Elisa: Come accennavo sopra, i vampiri che più mi hanno aiutato a “plasmare” Altair sono quelli creati dalla penna della regina del genere: Anne Rice. In particolare, posso dirvi che Altair è una sintesi tra Louis de Pointe du Lac e Lestat de Lioncourt, due personaggi diametralmente opposti. Come è possibile? Leggete il libro e lo saprete!

    - Avete scelto d’inserire questo personaggio per via di una vostra passione per i vampiri? Se sì, quando è nata?

    Elisa: Sì, lo ammetto. Sono un’appassionata di questi affascinanti esseri immortali da quando vidi per la prima volta sugli schermi cinematografici Dracula di Coppola, nel 1992. Non era un film adatto alla mia età e inizialmente fui anche impressionata da tutto quello spargimento di sangue… ma i modi aristocratici e l’aura di mistero che avvolgeva il conte in visita a Londra mi fecero ben presto dimenticare l’eccesso di violenza. Il colpo di grazia arrivò due anni dopo quando alla veneranda età di tredici anni persi completamente la testa per Louis e Lestat nel film Intervista col vampiro.

    - Come si è ambientato il vampiro nel mondo descritto in “Notturno Digitale”?

    Elisa: Lui è abituato a sopravvivere attraverso i secoli, infiltrandosi nelle più diverse situazioni senza mai farne realmente parte. Il vampiro di Notturno digitale si muove nel substrato sociale riuscendo a non destare sospetti, ma ne rimanda comunque al di fuori (infatti abita in un castello arroccato sulle colline, non ha amici mortali, non si interessa della vita sociale della città).

    - Potete fornirci un esempio dei pericoli che i protagonisti dovranno affrontare?

    Irene & Elisa: Il pericolo principale è la persecuzione da parte della Crux, la parte ricca della Città. Quindi, retate di polizia, interrogatori, sparatorie… alla fine, persino una vera e propria guerriglia urbana. Niente che non si veda anche al telegiornale.

    - Questi pericoli possono essere pericolosi per il vampiro oppure avete scelto di creare un personaggio invulnerabile? Perché?

    Elisa: Altair non è invulnerabile, nessun nostro personaggio lo è. Non ci sono super-eroi, ma solo personaggi che hanno punti di forza e di debolezza. Il vampiro, durante il giorno, è più debole e vulnerabile di chiunque altro. Non sopporta la luce del sole, può essere eliminato… ed è costretto a nascondersi.

    - L’umanità sembra essere sprofondata nell’apatia, è così? Se sì, per quale motivo

    Irene: Più che sprofondata nell’apatia, si trova di fronte a contrasti e situazioni cui è difficile reagire. È schiacciata dagli eventi. Ma se leggerete il libro, verso la fine, scoprirete che non tutta la popolazione si è lasciata andare all’ignavia… una vera e propria resistenza cova sotto la cenere della vecchia società distrutta.

    - Il mondo da voi creato è in mano a dei “potenti spregiudicati”; c’è qualche riferimento con la politica italiana o mondiale odierna? E con quella passata?

    Irene & Elisa: Crediamo sia quasi impossibile scrivere un libro come questo senza fare riferimenti all’attualità o ai grandi disastri umani della storia. Notturno digitale può essere letto come un’avventura, come una favoletta di fantascienza horror, ma anche essere interpretato in chiave politica. Sta al lettore scegliere di vedere o non vedere somiglianze o collegamenti.

    - Sono previsti altri libri oppure “Notturno digitale” è un volume autoconclusivo?

    Irene & Elisa: Il libro lascia il lettore nell’incertezza e ciò farebbe pensare ad un seguito. Ma non necessariamente andrà così. Potrebbero arrivare un prequel e un sequel, ma non necessariamente altri episodi.

    - Se dovessero proporvi una trasposizione cinematografica a quale regista affidereste il film?

    Irene & Elisa: Se dovessero mai proporcela, lasceremmo la scelta a chi si accollerebbe le spese!

    - E quali attori scegliereste?

    Irene: Nella scuola in cui lavoravo l’anno scorso (sì, sono anche una prof di italiano) c’era un giovanissimo attore non professionista, il protagonista de Il ragazzo con la bicicletta dei fratelli Dardennes. Nella stessa sua classe c’era una ragazzina che mi faceva venire in mente Vega, per come io la immagino. Ecco, lei farebbe parte del cast.
    Elisa: Nessun attore professionista a me noto mi ricorda Altair e se dovessi incontrare qualcuno casualmente per strada che me lo ricordi… beh, l’avrei già rapito e chiuso nelle segrete di casa mia!

    - Parliamo un attimo di voi: com’è nata la vostra collaborazione?

    Irene & Elisa: Siamo amiche da anni e abbiamo fatto insieme una parte di studi all’università. La nostra voglia di scrivere qualcosa insieme risale proprio a quel periodo. Una gestazione lunghissima e un parto ancora più lungo!

    - Avete altri progetti letterari in corso?

    Irene: Sto ultimando un secondo romanzo, una cosa più breve, puramente di fantascienza, in qualche modo collegato a Notturno digitale. Chissà se troverà la sua strada per uscire dal mio hard disk?
    Elisa: Sto raccogliendo documentazione per un nuovo romanzo, sempre ambientato nella Roundwaste del futuro, diciamo che è un prequel di Notturno digitale. Ci saranno nuovi personaggi, nuove difficoltà da superare ma anche volti già incontrati…

    - Avete altre passioni oltre alla scrittura?

    Elisa: Amo la vita all’aria aperta, odio la città e soprattutto non potrei mai vivere lontana dal mare! Passeggio spessissimo sulla spiaggia, anche durante l’inverno ed è proprio in quei momenti che mi vengono le idee migliori per nuovi spunti letterari. Vado in palestra quasi tutti i giorni dopo il lavoro per distendere i nervi e mantenere il fisico tonico. Nei weekend, quando il tempo lo permette, pratico equitazione nel maneggio vicino a casa. Insomma, tutto quello che è movimento, vita all’aria aperta e natura è il benvenuto!
    Irene: Io sono una persona molto meno solare e legata alla natura rispetto a Elisa. E non potrei neanche immaginare di vivere lontana dalla città. La mia passione principale è – da sempre – la musica e da più di dieci anni lavoro come dj in locali, discoteche, situazioni alternative. Mi sono occupata dei più vari generi musicali, ma sempre nell’ambito dell’elettronica. Al momento mi occupo di EBM, industrial, synthpop e – per semplificare – musica cybergoth. Non mi dispiace nemmeno trafficare con immagini e software di montaggio video, anche se mi ritengo poco più di una dilettante. Il booktrailer del romanzo è opera mia.

    - È stato difficile per voi trovare un editore disposto a pubblicare?

    Irene & Elisa: Sinceramente, no. Abbiamo avuto la fortuna di imbatterci nello staff di Cut-Up durante una serata di presentazione del romanzo ancora inedito e da lì è partito tutto.

    - Cosa ne pensate del mondo editoriale italiano?

    Irene: Quello che ho visto è poco, per dare una risposta esauriente, ma è sufficiente per una riflessione: bisogna fare attenzione. Fare attenzione a chi rifiuta un romanzo, ma soprattutto a chi lusinga e lo accetta troppo facilmente: il Gatto e la Volpe adesso stampano anche libri.

    - Avete qualche consiglio da dare a chi, come voi, vorrebbe diventare uno scrittore?
    Irene & Elisa: Premettendo che aver scritto un libro non dà a nessuno la patente di scrittore… ci sentiamo di dire: scrivete per il gusto di farlo. Per tirare fuori qualcosa che volete fermare sulla carta. Per creare qualcosa che voi stessi vorreste leggere. E fatelo con umiltà, senza illudervi di niente, senza pensare ai profitti… Di personaggi frettolosi che si sentono ‘nati artisti’ e che non sanno accettare di fare la gavetta sono pieni i cataloghi (vere e proprie tombe dei sogni) degli editori a pagamento. Sapendo aspettare, un bel libro trova sempre la strada giusta. E non tralasciate le basi della lingua italiana: l’ortografia e la sintassi non garantiscono il successo, ma fanno del gran bene alla vostra cultura.

    - Infine, volete ringraziare qualcuno?

    Irene & Elisa: Ringraziamo lo staff di Cut-Up, senza il quale Notturno digitale sarebbe ancora un file rimbalzato da un pc all’altro. Fabrizio Foni, esperto di mostri e fantasticherie. Le nostre famiglie, che ci hanno sopportato, tutti i relatori e collaboratori delle presentazioni, Elvira Taverna, Riccardo Cepach, Luigi Urdih, Dario Ceccherini, Francesco Palla… e tutti gli amici che hanno visto nascere questo progetto fin dall’inizio.

    A nome di tutti gli utenti del Damned Soul vi ringrazio per averci concesso quest’intervista, e vi auguro buona fortuna per il proseguimento della vostra carriera letteraria.

    Creative Commons License
    Intervista a cura di MournfulCreatureOfTheDark. Questa intervista è pubblicata sotto una Licenza Creative Commons. © Ringraziamo Irene Incarico ed Elisa Podestà per averci concesso l'intervista. E' vietato riprodurre quest'ultima senza il consenso dell'intervistato e dell'autore. Damned Soul
     
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  2. .Arya
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    E' davvero un'intervista molto interessante :sisi: Si vede che Irene è una professoressa di italiano, e questo fa ben sperare per il libro ** Mi piace molto l'ambientazione, e il fatto che voglia comunicare un messaggio, pur lasciando il lettore libero di coglierlo o meno. L'unica risposta che non mi è piaciuta è questa:
    CITAZIONE
    Le idee fluivano da me a Irene e viceversa senza mai prendere corpo. Una sera di fine autunno di qualche anno fa però, di ritorno da un locale, sotto un diluvio che allagava le strade buie, una pioggia insistente che batteva sui finestrini e una vecchia cassetta dei Metallica che girava nell’autoradio, abbiamo deciso di scrivere. Non si poteva chiedere un’atmosfera migliore… siamo rimaste fino a notte fonda a parlarci addosso, partorendo idee folli e ipotizzando trame e personaggi. In quel momento, quasi per magia, le nostre idee trovavano per la prima volta una forma, i nostri personaggi venivano alla luce e ogni elemento andava al proprio posto, come i tasselli di un unico puzzle.

    Mi sembra una risposta eccessivamente "ricamata", mi da la sensazione che volesse romanzare anche la nascita stessa del libro, ed essendo io un'amante delle cose spontanee e semplici, non ho apprezzato molto. Per il resto l'intervista è ricca di contenuti, il libro mi sembra interessante e mi piacerebbe leggerlo =)
     
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  3. airali^^
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    Intervista corposa e ben fatta! ;) apprezzo moltissimo la chiarezza e la pulizia ortografica delle due nostre, e mi aggrego anche io al gruppo di esortazione per la salvezza della lingua italiana: è giusto, scrivere un libro non fa diventare scrittori, soprattutto se lo si è fatto con i piedi e ultimamente di roba simile ne ho vista...
    Il libro si allontana un pochino dalla mia area di interessa ma ho ragione di credere che sia scritto piuttosto bene e con cognizione di causa, quindi una letta mi piacerebbe dargliela xP
    Faccio i complimenti alla Lily perchè, come sempre, è bravissima, e ribadisco i ringraziamenti per aver accettato di parlarci un po' di questo libro. Spero davvero che abbia successo!
     
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  4. Case303
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    Vi ringrazio per aver letto e commentato questa intervista... che più che coprosa definirei logorroica ;-)

    @Arya: rispondo a nome della mia co-autrice Elisa, dicendo che sì, la risposta è romanzata. Volutamente romanzata. A qualcuno piace l'alternanza di registro discorsivo e registro narrativo e a qualcuno no. E meno male! W la differenza ;-)

    @Airali:sono contenta che tu sia d'accordo sulla questione "lingua italiana"... non sai quante volte mi capita di leggere racconti o scritti "buoni" a livello di idee e di intrecci resi illeggibili da una sintassi tragica o resi ridicoli da un'ortografia marziana. Non che mi sconvolga più di niente, insegno italiano all'estero, quindi vedo veramente di tutto... però trovo che sia davvero triste ciò che sta succedendo alla nostra lingua.

    Che dire? Un saluto a tutto il forum e se volete passarmi a trovare su facebook o su blogspot mi trovate - molto banalmente - a nome Irene Incarico.
     
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  5. Maemi
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    sono sempre più convinta lo voglio leggere :*W*:
     
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4 replies since 25/9/2011, 15:44   360 views
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